Leopoldo Parodi Delfino nacque a Milano il 5 ottobre 1875 da Carlo Giuseppe Delfino e Marina Parodi, la famiglia apparteneva all’alta borghesia imprenditoriale di Ovada, piccolo centro dell’alessandrino in Piemonte.
Il senso della famiglia ma soprattutto l’attaccamento all’azienda furono i principi ispiratori dei coniugi Parodi Delfino nell’educazione impartita ai figli maschi, che dovevano essere all’altezza del compito e garantire al meglio la continuità aziendale.
Leopoldo, grazie alla conoscenza della lingua tedesca, poté scegliere di iscriversi ai corsi di chimica industriale al Politecnico federale di Zurigo.
Sulle orme del padre, Leopoldo iniziò l’attività nel 1902, a soli 23 anni, nel campo della distilleria, dando vita a la Società Fabbrica nazionale alcoli Leopoldo Parodi Delfino, con sede a Milano e stabilimento a Savona.
Nel giro di pochi anni divenne presidente della Società distillerie italiane che rilevò più di 20 stabilimenti in tutta Italia. Nel 1907 sposò Lucie Henny, figlia di Taco Henny, avvocato di fama di Amsterdam, all’epoca governatore delle Indie Olandesi a Java.
Dal matrimonio nacquero cinque figli, due maschi e tre femmine: Paolo (1909-1936), Carla (1909-2000), Gerardo (1912-1936), Elena (1917-1982) e Marina (1927-2009). Parodi Delfino racchiuse nella sua personalità il merito di essere stato, in un’epoca socialmente ed economicamente difficile per l’Italia, uno dei protagonisti del suo sviluppo, avendo rivestito cariche di politico, di banchiere e di industriale; e di essersi distinto – in campo industriale – in una fase del Paese, quella dei primi anni del Novecento, in cui le prime figure imprenditoriali erano per lo più prive di un background culturale e guidate dal solo spirito di iniziativa e dal rischio di impresa. Insieme a pochi altri, quali Pirelli e Falck, Parodi Delfino apparteneva invece alla nuova tipologia di imprenditori, quella degli imprenditori-manager che avevano alle spalle famiglie importanti, appartenenti all’élite borghese già riconosciuta e che erano arrivati nell’ambiente industriale con una adeguata preparazione culturale, in molti casi corredata da studi compiuti all’estero.
La sua vera ascesa imprenditoriale iniziò nel 1912, allorché – insieme a Giovanni Bombrini (figlio di Carlo, fondatore della Banca Nazionale poi nel 1893 Banca d’Italia), già forte dell’esperienza in Ansaldo – diede vita alla grande impresa Bombrini Parodi Delfino (BPD), con sede a Colleferro (Roma), destinata a diventare uno dei colossi industriali della chimica italiana, con diversificazioni nel cemento, nel tessile e nella meccanica.
Fu Giovanni Giolitti, allora presidente del Consiglio, a chiedere a Leopoldo di sostenere le sorti della nazione con le sue capacità scientifiche e imprenditoriali. Fin dal 1912, anno della costituzione della società Leopoldo Parodi Delfino, nella veste di amministratore unico della società in nome collettivo, mise a frutto le proprie intuizioni innovative e la propria filosofia imprenditoriale attenta ai progressi scientifici e tecnologici; a tal fine compì un viaggio all’estero per dotare lo stabilimento di macchine non ancora esistenti in Italia, puntando quindi su un capitale strumentale sofisticato. Il suo modo di rapportarsi con la forza lavoro fu quello di considerarla parte integrante dell’azienda e come capitale umano da difendere e sostenere.
Quello di Colleferro, per volere del giovane imprenditore milanese, fu il primo modello in Italia di villaggio operaio autosufficiente voluto da un privato senza che fosse imposto per legge.
Alla morte di Bombrini, nel 1924, acquistò le quote azionarie della famiglia di questi, rimanendone così l’unico azionista.
Negli anni della riconversione bellica, dal 1918 al 1921, sviluppò un’attività industriale incessante: presidente della Società italiana per la produzione della calce e delle cementi di Segni e vicepresidente della Soie de Chantillon, società del gruppo Snia per la produzione della seta artificiale.
Fondò nello stesso periodo la Società mediterranea di elettricità e su invito dei ministeri, della Marina e degli Esteri, rilevò in Albania la Societè des mines di Selenitza per lo sfruttamento delle miniere bituminose.
La forza imprenditoriale oramai acquisita e riconosciuta anche all’estero spinse Leopoldo Parodi Delfino a intrecciare gli interessi industriali con quelli finanziari.
Non solo, ma, appena finita la guerra, contribuì anche alla ridefinizione delle linee di azione della Confindustria, da cui sarebbe scaturita la nuova politica industriale dell’Italia.
Nel 1921 partecipò, in qualità di amministratore unico della BPD, alla creazione a Genova della Compagnia italiana dell’Equatore (CIDE) che aveva lo scopo di sfruttare in quel Paese ancora vergine, ma estremamente ricco di oro e petrolio, le risorse naturali. Il programma per una penetrazione italiana in Ecuador assegnò alla Compagnia il compito di istituire, secondo le leggi locali del Paese andino, sia una banca con facoltà di emissione (il Banco italiano di Guadajaquil di cui Leopoldo divenne presidente), che una serie di aziende che, coordinate tra loro, avrebbero dovuto operare negli ambiti delle attività agricole, commerciali, nella realizzazione di opere pubbliche e nello sfruttamento delle risorse naturali.
Negli anni del fascismo, ebbe un forte legame con il potere politico; nel 1932 prese la tessera del Partito nazionale fascista (PNF), divenendo membro della Federazione nazionale fascista degli industriali chimici e nel 1939 fu nominato senatore del Regno.
Il 7 agosto 1944 l’Alta Corte propose la decadenza di Parodi Delfino dalla carica di senatore con il gruppo di imputazione 6°, ossia quello rivolto ai «senatori ritenuti responsabili di aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra sia con i loro voti sia con azioni individuali, tra cui la propaganda esercitata fuori e dentro il Senato» (Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 29 luglio 1944 n. 41). Leopoldo Parodi Delfino morì il 3 novembre 1945 nella sua villa di Arcinazzo, località nei pressi di Roma.
Se la morte lo colpì «con una partita ancora aperta, quella del giudizio dell’Alta Corte in merito alle accuse di sostenitore del regime fascista», vero è che lasciava agli eredi una storia imprenditoriale di grandissimo impegno e responsabilità, per lo più dedicata all’azienda fondata, giovanissimo, nel 1912.
Bibliografia
Biografia tratta dal “Dizionario Biografico degli Italiani” di Treccani